Ezio, libretto, Lisbona, Stamperia Reale, 1772

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Parte del Foro romano con trono imperiale da un lato. Vista di Roma illuminata in tempo di notte con archi trionfali ed altri apparati festivi, preparati per celebrare le feste decennali e per onorare il ritorno d’Ezio vincitore d’Attila.
 
 VALENTINIANO, MASSIMO, VARO con pretoriani e popolo
 
 MASSIMO
 Signor, mai con più fasto
 la prole di Quirino
 non celebrò d'ogni secondo lustro
 l'ultimo dì. Di tante faci il lume,
5l'applauso popolar turba alla notte
 l'ombre e i silenzi; e Roma
 al secolo vetusto
 più non invidia il suo felice Augusto.
 VALENTINIANO
 Godo ascoltando i voti
10che a mio favor fino alle stelle invia
 il popolo fedel: le pompe ammiro,
 attendo il vincitor, tutte cagioni
 di gioie a me; ma la più grande è quella
 ch'io possa offrir con la mia destra in dono
15ricco di palme alla tua figlia il trono.
 VARO
 Ezio s'avanza. Io già le prime insegne
 veggo appressarsi.
 VALENTINIANO
                                     Il vincitor s'ascolti;
 e sia Massimo a parte
 de' doni che mi fa la sorte amica. (Valentiniano va sul trono servito da Varo)
 MASSIMO
20(Io però non obblio l'ingiuria antica).
 
 SCENA II
 
 EZIO preceduto da istromenti bellici, schiavi ed insegne de’ vinti, seguito da’ soldati vincitori, popolo e detti
 
 EZIO
 Signor, vincemmo. Ai gelidi Trioni,
 il terror de' mortali
 fuggitivo ritorna. Il primo io sono
 che mirasse finora
25Attila impallidir. Non vide il sole
 più numerosa strage. A tante morti
 era angusto il terreno: il sangue corse
 in torbidi torrenti;
 le minacce a' lamenti
30si udian confuse; e fra i timori e l'ire
 erravano indistinti
 i forti, i vili, i vincitori, i vinti.
 Né gran tempo dubbiosa
 la vittoria ondeggiò. Teme, dispera,
35fugge il tiranno; e cede
 di tante ingiuste prede,
 impacci al suo fuggir, l'acquisto a noi.
 Se una prova ne vuoi,
 mira le vinte schiere:
40ecco l'armi, l'insegne e le bandiere.
 VALENTINIANO
 Ezio, tu non trionfi
 d'Attila sol; nel debellarlo ancora
 vincesti i voti miei. Tu rassicuri
 su la mia fronte il vacillante alloro;
45tu il marzial decoro
 rendesti al Tebro; e deve
 alla tua mente, alla tua destra audace
 l'Italia tutta e libertade e pace.
 Fra queste braccia intanto (Scende dal trono)
50tu del cadente impero e mio sostegno
 prendi d'amore un pegno. A te non posso
 offrir che i doni tuoi. Serbami amico
 quei doni istessi; e sappi
 che fra gli acquisti miei
55il più nobile acquisto, Ezio, tu sei.
 
    Se tu la reggi al volo,
 su la tarpea pendice
 l'aquila vincitrice
 sempre tornar vedrò.
 
60   Breve sarà per lei
 tutto il cammin del sole;
 e allora i regni miei
 col ciel dividerò. (Parte con Varo e pretoriani)
 
 SCENA III
 
 EZIO, MASSIMO e poi FULVIA con paggi. Seguito di soldati e d’alcuni schiavi in lontano
 
 MASSIMO
 Ezio, donasti assai
65alla gloria, al dover; qualche momento
 concedi all'amistà; lascia ch'io stringa
 quella man vincitrice. (Prende per mano Ezio)
 EZIO
                                            Io godo, amico,
 nel rivederti e caro
 m'è l'amor tuo de' miei trionfi al paro.
70Ma Fulvia ove si cela?
 Che fa? Dov'è? Quando ciascun s'affretta
 su le mie pompe ad appagar le ciglia,
 la tua figlia non viene?
 MASSIMO
                                            Ecco la figlia.
 EZIO
 Cara, di te più degno (A Fulvia nell’uscire)
75torna il tuo sposo e al volto tuo gran parte
 deve de' suoi trofei. Fra l'armi e l'ire
 mi fu sprone egualmente
 e la gloria e l'amor... Ma... Fulvia? Oh Dei! (Si turba)
 Perché mesta così?
 FULVIA
                                      (Che pena!) Io vengo...
80Son io...
 EZIO
                  No, tu non sei (Cresce il turbamento)
 per me quella che fosti.
 FULVIA
                                             Ah sì, son quella.
 Ma... sappi... genitor, per me favella.
 EZIO
 Massimo, non tacer. (Con impeto)
 MASSIMO
                                         Tacqui finora,
 perché co' nostri mali a te non volli
85le gioie avvelenar. Si vive, amico, (Con cautela di non esser ascoltato)
 sotto un giogo crudele. Anche i pensieri
 imparano a servir. La tua vittoria,
 Ezio, ci toglie alle straniere offese;
 le domestiche accresce. Era il timore
90in qualche parte almeno
 a Cesare di freno; or che vincesti,
 i popoli dovranno
 più superbo soffrirlo e più tiranno.
 EZIO
 Io tal nol credo. Almeno
95la tirannide sua mi fu nascosa.
 Che pretende? Che vuol?
 MASSIMO
                                                 Vuol la tua sposa.
 EZIO
 La sposa mia! Massimo, Fulvia e voi (Sorpreso)
 consentite a tradirmi?
 FULVIA
                                            Oimè!
 MASSIMO
                                                           Qual arte,
 qual consiglio adoprar? Vuoi che l'esponga, (Sempre con cautela)
100negandola al suo trono,
 d'un tiranno al piacer? Vuoi che su l'orme
 di Virginio io rinnovi,
 per serbarla pudica,
 l'esempio in lei della tragedia antica?
105Ah tu solo potresti
 frangere i nostri ceppi,
 vendicare i tuoi torti. Arbitro sei
 del popolo e dell'armi. A Roma oppressa,
 all'amor tuo tradito
110dovresti una vendetta.
 EZIO
                                            A questo segno
 cede al dolor la tua virtù? Non sai
 che giusta non è mai
 l'infedeltà? (Massimo l’ascolta con attenzione frandolente e comincia a cambiar sembiante) Ch'arbitri della terra
 sono i monarchi, il ciel di loro?
 MASSIMO
                                                          O grande, (L’abbraccia in volto sereno)
115Oh magnanimo eroe. Vantar tu solo
 d'una fede ti puoi che più costante
 nelle offese diviene.
 (Cangiar favella e simular conviene).
 EZIO
 Ma sa Cesare, o Fulvia,
120Ch'Ezio t'adora?
 FULVIA
                                 Il ciel non voglia.
 MASSIMO
                                                                  A lui
 finora il vostro amore
 di celar procurai.
 EZIO
                                  Questo è l'errore. (Con tranquillità sicura)
 Cesare non ha colpa. Addio. Lasciate
 che solo io parli: e tutto
125cangerà di sembianza.
 FULVIA
                                            Ah no, rifletti
 pria di parlar. Qualche funesto evento
 mi presagisce il cor. Nacqui infelice
 e sperar non mi lice
 che la sorte per me giammai si cangi.
 EZIO
130Son vincitor; sai che t'adoro; e piangi?
 
    Pensa a serbarmi, o cara,
 i dolci affetti tuoi;
 amami e lascia poi
 ogn'altra cura a me.
 
135  Tu mi vuoi dir col pianto
 che resti in abbandono.
 No, così vil non sono;
 e meco ingrato tanto
 no, Cesare non è. (Parte con il seguito di soldati e schiavi)
 
 SCENA IV
 
 MASSIMO e FULVIA
 
 FULVIA
140È tempo, o genitore,
 che uno sfogo conceda al mio rispetto.
 Tu pria d'Ezio all'affetto
 prometti la mia destra; indi m'imponi
 ch'io soffra Augusto amante, almen fintanto
145ch'Ezio ritorni, Ezio ritorna e quando
 spero di lui la mano,
 ti sento dir che lo sperarlo è vano.
 MASSIMO
 Figlia, non t'ingannai: sol che tu voglia
 paghi in breve saranno
150l'amor tuo, l'odio mio. D'Augusto accendi
 consorte il trono...
 FULVIA
                                    Io!
 MASSIMO
                                            Sì. Sposa al tiranno
 tu puoi svenarlo: o almeno
 agio puoi darmi a trapassargli il seno.
 FULVIA
 Che sento! E con qual fronte
155posso a Cesare offrirmi
 col pensier di tradirlo? Il reo disegno
 mi leggerebbe in faccia. Io di tal colpa
 gelo alla sola idea.
 MASSIMO
 Molto, o Fulvia, più saggia io ti credea.
160Qual colpa? Qual virtù? Lacci servili
 sol dell'anime vili...
 FULVIA
                                      Ah non son questi
 que' semi di virtù che in me versasti
 da' miei primi vagiti infino ad ora.
 M'inganni adesso o m'ingannasti allora?
 MASSIMO
165Ogni diversa etade
 vuol massime diverse; altro a' fanciulli,
 altro agli adulti è d'insegnar permesso;
 allora io t'ingannai.
 FULVIA
                                      M'inganni adesso.
 Che l'odio della colpa,
170che l'amor di virtù nasce con noi,
 che da' principi suoi
 l'alma ha l'idea di ciò che nuoce o giova,
 mel dicesti, io lo sento, ognun lo prova.
 E se vuoi dirmi il ver, tu stesso, o padre,
175quando toglier mi tenti
 l'orror d'un tradimento, orror ne senti.
 Ah se cara io ti sono,
 pensa alla gloria tua, pensa che vai...
 MASSIMO
 Taci, importuna, io t'ho sofferta assai.
180Non dar consigli o consigliar se brami,
 le tue pari consiglia.
 Rammenta ch'io son padre e tu sei figlia.
 FULVIA
 
    Caro padre, a me non dei
 rammentar che padre sei;
185io lo so; ma in questi accenti
 non ritrovo il genitor.
 
    Non son io che ti consiglia;
 è il rispetto d'un regnante,
 è l'affetto d'una figlia,
190è il rimorso del tuo cor. (Parte)
 
 SCENA V
 
 MASSIMO solo
 
 MASSIMO
 Che sventura è la mia! Così ripiena
 di malvagi è la terra, e quando poi
 un malvagio vogl'io, son tutti eroi.
 Ma già troppo parlai.
195Pria che sorga l'aurora,
 mora Cesare, mora. Emilio il braccio
 mi presterà. Che può avvenirne? O cade
 Valentiniano estinto; e pago io sono;
 o resta in vita; ed io farò che sembri
200Ezio il fellone.  Intanto
 il commettersi al caso
 nell'estremo periglio
 è il consiglio miglior d'ogni consiglio.
 
    Il nocchier che si figura
205ogni scoglio, ogni tempesta,
 non si lagni se poi resta
 un mendico pescator.
 
    Darsi in braccio ancor conviene
 qualche volta alla fortuna,
210che sovente in ciò ch'avviene
 la fortuna ha parte ancor. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 Camere imperiali istoriate di pitture.
 
 ONORIA e VARO
 
 ONORIA
 Del vincitor ti chiedo,
 non delle sue vittorie; esse abbastanza
 note mi son. Con qual sembiante accolse
215l'applauso popolar? Serbava in volto
 la guerriera fierezza? Il suo trionfo
 gli accrebbe fasto o mansueto il rese?
 Questo narrami, o Varo, e non l'imprese.
 VARO
 Onoria, a me perdona
220se degli acquisti suoi, piucché di lui
 la germana d'Augusto
 curiosa io credei. Sembra che queste
 sian premure d'amore.
 ONORIA
                                             Alla tua fede,
 al tuo lungo servir tollero, o Varo,
225di parlarmi così. Ma tu che tanto
 sei d'Ezio amico, il suo poter non devi
 esagerar così. Cesare è troppo
 d'indole sospettosa.
 Vantandolo al germano, ufficio grato
230all'amico non rendi.
 Chi sa? Potrebbe un dì... Varo, m'intendi.
 VARO
 Io, che son d'Ezio amico,
 più cauto parlerò; ma tu, se l'ami,
 mostrati, o principessa,
235meno ingegnosa in tormentar te stessa. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 ONORIA sola
 
 ONORIA
 Importuna grandezza
 tiranna degli affetti, e perché mai
 ci neghi, ci contrasti
 la libertà d'un ineguale amore,
240se a difender non basti il nostro cuore?
 
    Quanto mai felici siete,
 innocenti pastorelle
 che in amor non conoscete
 altra legge che l'amor!
 
245   Ancor io sarei felice,
 se potessi all'idol mio
 palesar, come a voi lice,
 il desio di questo cor. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 VALENTINIANO e MASSIMO
 
 VALENTINIANO
 Ezio sappia ch'io bramo (Ad una comparsa che ricevuto l’ordine parte)
250seco parlar, che qui l'attendo. Amico,
 comincia ad adombrarmi
 la gloria di costui; ciascun mi parla
 delle conquiste sue; Roma lo chiama
 il suo liberatore; egli sé stesso
255troppo conosce. Assicurarmi io deggio
 della sua fedeltà. Voglio d'Onoria
 al talamo innalzarlo, acciocché sia
 suo premio il nodo e sicurezza mia.
 MASSIMO
 Veramente per lui giunge all'eccesso
260l'idolatria del volgo; omai si scorda
 quasi del suo sovrano. A me parrebbe
 mal sicuro riparo
 innalzarlo ad un grado sì sublime.
 VALENTINIANO
 Dunque vuoi ch'io m'impegni
265su l'orme de' tiranni e ch'io divenga
 all'odio universale oggetto e segno?
 MASSIMO
 La prima arte del regno
 è il soffrir l'odio altrui. Giova al regnante
 più l'odio che l'amor. Con chi l'offende
270ha più ragion d'esercitar l'impero.
 VALENTINIANO
 Massimo, non è vero.
 Chi fa troppo temersi
 teme l'altrui timor. Tutti gli estremi
 confinano fra loro.
 MASSIMO
275Signor, parlai finora
 per zelo sol del tuo riposo; e volli
 rammentar che si deve
 ad un periglio opporsi infin ch'è lieve. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 VALENTINIANO ed EZIO
 
 EZIO
 Eccomi al cenno tuo.
 VALENTINIANO
                                        Duce, un momento
280non posso tollerar d'esserti ingrato.
 Vuo' che il mondo conosca
 che se premiarti appieno
 Cesare non poté, tentollo almeno.
 Ezio, il cesareo sangue
285s'unisca al tuo. D'affetto
 darti pegno maggior non posso mai.
 Sposo d'Onoria al nuovo dì sarai.
 EZIO
 (Che ascolto!)
 VALENTINIANO
                             Non rispondi?
 EZIO
                                                          Onor sì grande
 mi sorprende a ragion. D'Onoria il grado
290chiede un re, chiede un trono;
 ed io regni non ho, suddito io sono.
 VALENTINIANO
 Ma un suddito tuo pari
 è maggior d'ogni re. Se non possiedi,
 tu doni i regni; e 'l possedergli è caso;
295il donargli è virtù.
 EZIO
                                    La tua germana,
 signor, deve alla terra
 progenie di monarchi; e meco unita
 vassalli produrrà. Sai che con questi
 ineguali imenei
300ella a me scende, io non m'innalzo a lei.
 VALENTINIANO
 Duce, fra noi si parli
 con franchezza una volta. Il tuo rispetto
 è un pretesto al rifiuto. Alfin che brami?
 Forse è picciolo il dono? O vuoi per sempre
305Cesare debitor? Superbo al paro
 di chi troppo richiede
 è colui che ricusa ogni mercede.
 EZIO
 E ben, la tua franchezza
 sia d'esempio alla mia. Signor, tu credi
310premiarmi e mi punisci.
 VALENTINIANO
                                                Io non sapea
 che a te fosse castigo
 una sposa germana al tuo regnante.
 EZIO
 Non è gran premio a chi d'un'altra è amante.
 VALENTINIANO
 Dov'è questa beltà che tanto indietro
315lascia il merto d'Onoria? È a me soggetta?
 Onora i regni miei? Stringer vogl'io
 queste illustri catene.
 Spiegami il nome suo.
 EZIO
                                            Fulvia è il mio bene.
 VALENTINIANO
 Fulvia!
 EZIO
                 Appunto. (Si turba!)
 VALENTINIANO
                                                         Il suo consenso
320prima ottener procura;
 vedi se tel contrasta.
 EZIO
 Quello sarà mia cura, il tuo mi basta.
 VALENTINIANO
 Ma potrebbe altro amante
 ragione aver sopra gli affetti suoi.
 EZIO
325Dubitarne non puoi. Dov'è chi ardisca
 involar temerario una mercede
 alla man che di Roma il giogo scosse?
 Costui non veggo.
 VALENTINIANO
                                   E se costui vi fosse?
 EZIO
 Vedria ch'Ezio difende
330gli affetti suoi come gl'imperi altrui.
 Temer dovrebbe...
 VALENTINIANO
                                     E se foss'io costui?
 EZIO
 Saria più grande il dono,
 se costasse uno sforzo al cor d'Augusto.
 VALENTINIANO
 Ma non chiede un vassallo al suo sovrano
335uno sforzo in mercede.
 EZIO
 Ma Cesare è il sovrano, Ezio lo chiede.
 E se in premio pretendo...
 VALENTINIANO
 Non più. Dicesti assai; tutto comprendo.
 
    So chi t'accese;
340basta per ora.
 Cesare intese;
 risolverà.
 
    Ma tu procura
 d'esser più saggio.
345Fra l'armi e l'ire
 giova il coraggio;
 pompa d'ardire
 qui non si fa. (Parte)
 
 SCENA X
 
 EZIO e poi FULVIA
 
 EZIO
 Vedrem se ardisce ancora
350d'opporsi all'amor mio.
 FULVIA
                                             Ti leggo in volto,
 Ezio, l'ire del cor. Forse ad Augusto
 ragionasti di me?
 EZIO
                                   Sì, ma celai
 a lui che m'ami, onde temer non dei.
 
 SCENA XI
 
 ONORIA e detti
 
 ONORIA
 Ezio, gli obblighi miei
355sono immensi con te. Volle il germano
 avvilir la mia mano
 sino alla tua; ma tu però più giusto
 d'esserne indegno hai persuaso Augusto.
 EZIO
 No, l'obbligo d'Onoria
360questo non è. L'obbligo grande è quello
 ch'io fui cagion nel conservarle il soglio
 ch'or mi possa parlar con quest'orgoglio.
 ONORIA
 È ver, ti deggio assai, perciò mi spiace
 che ad onta mia mi rendano le stelle
365al tuo amor infelice
 di funeste novelle apportatrice.
 Fulvia, ti vuol sua sposa
 Cesare al nuovo dì.
 FULVIA
                                      Come?
 EZIO
                                                      Che sento!
 ONORIA
 Di recartene il cenno
370egli istesso or m'impose. Ezio, dovresti
 rallegrartene ancor; veder soggetto
 tutto il mondo al suo ben pure è diletto. (Parte)
 
 SCENA XII
 
 EZIO e FULVIA
 
 EZIO
 Ah questo è troppo! A troppo gran cimento,
 Fulvia, la fede mia Cesare espone.
375Qual dritto? Qual ragione?... A lui ch'io ceda?
 Ch'io da te mi divida?
 Ch'io ti vegga sua sposa? Ah pria m'uccida.
 
    M'uccida, e meno ingiusto
 versando il sangue mio,
380e men crudel sarà.
 
 FULVIA
 
    Più che il rigor d'Augusto
 il tuo coraggio, oh dio!
 caro tremar mi fa.
 
 EZIO
 
    Io tutto avvampo.
 
 FULVIA
 
                                      Io gelo.
 
 EZIO
 
385Che smania!
 
 FULVIA
 
                           Che martir!
 A DUE
 
    Tanta ingiustizia in cielo
 come si può soffrir!
 
 EZIO
 
    Che ad un rivale io ceda!
 
 FULVIA
 
 Ch'io sposa altrui mi veda!
 
 A DUE
 
390No, l'ingiustizia è vana
 quando si fa morir.
 
 Fine dell’atto primo